Basta offese nei confronti dei medici di famiglia

Le dichiarazioni rilasciate alla stampa da parte del Direttore generale dell’ Azienda provinciale dei servizi sanitari lasciano l’intera categoria della medicina generale allibita e basita ,offesa nel sentirlo anteporre i ‘diritti’ dei nostri medici alle sue scelte calate dall’alto etichettandoci come ‘pochi abituati a lavorare insieme; tutti singoli professionisti che lavorano autonomamente, tranne qualche associazione su base volontaria’.
Attualmente  i medici di famiglia sono tutti collegati in rete, autodidatticamente, come richiesto nel 2006 dalla Provincia. Degli attuali 370 medici, più di 105 medici sono in associazione di rete con 21 associazioni; 100 medici sono in gruppo con 26 associazioni;67 medici sono in associazione periferica complessa con 17 associazioni. In totale più di 70 associazioni di liberi professionisti, da 3-10 medici, imprenditori autonomi, con a carico segretarie ed infermiere contrattualizzate, che supportano una attività territoriale continuata nel corso della loro giornata di 12 ore che rasenta, negli ambulatori principali, la maggior parte di loro proprietà, le dieci ore complessive al giorno”.
A fronte di tale attività hanno prescritto qualche cosa come 6 milioni di prescrizioni per via telematica nel corso del 2016 ed hanno avuto una media di contatti giornalieri con i propri assistiti e con quelli dei loro colleghi associati di 70 al giorno, per totale annuo pari a 18.480 contatti e visite ognuno, in riferimento alla nostra popolazione, escludendo la popolazione turistica, che aggrava ancor più la situazione attuale al limite del collasso. I nostri pazienti non chiedono sedi duplicate economicamente al Big Center, lontani dalle loro abitazioni e dalle farmacie, con medici pendolari, ma medici di famiglia che si occupino a domicilio e nelle loro vicinanze delle persone fragili, anziane, non autosufficenti e che non riescono neppure a prendere i mezzi pubblici per spostarsi da casa propria.
Ai sensi dell’art. 35 del nostro contratto è consentito al medico di famiglia poter contare anche a Trento su più ambulatori, per il valore di diffusione capillare dell’assistenza sanitaria e per il miglioramento della qualità di tale assistenza”.
Pochi giorni fa  in Assessorato, avevamo concordato con il che non si sarebbe dato corso ad iniziative né su Uccp né su Utap né su strutture intermedie, fino a quando non fossero state organizzate le 24 Aft decise già nel 2013. Dobbiamo purtroppo registrare, quindi, che le dichiarazioni del Direttore Generale descrivono un completo scollegamento tra Assessorato e Azienda di Trento. Secondo l’Assessorato il nostro contratto del 12 dicembre 2013 prevedeva “nel corso del 2014 una aggregazione (Aft) monoprofessionale ospitata gratuitamente in ciascun distretto sanitario ed, entro il 2017, 24 aggregazioni monoprofessionali estese all’interno dell’intero territorio provinciale, definendone le caratteristiche e le funzioni con patti territoriali”.
L’Assessorato ha più volte dichiarato che ‘l’Accordo nazionale vigente ha abrogato la disposizione che demandava alle Regioni e alle Province autonome la sperimentazione di forme associative, come le Unità di cura multiprofessionali e che, perciò, in Trentino ‘sono obbligatori, tra i modelli individuati in sede nazionale, solo le aggregazioni monoprofessionali, come declinato nell’accordo provinciale. In caso contrario, ogni medico di famiglia ha diritto a non prendere in considerazione alcuna proposta coercitiva e chiedere al giudice del lavoro di non partecipare a forme diverse da quelle contrattualizzate.